Gli istrici di Schopenhauer non avevano letto Lacan

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Una celebre storiella di Schopenhauer sull’amore narra che due piccoli istrici si raggiungessero e stringessero forte per proteggersi dal freddo che provavano in un rigido inverno. I rispettivi aculei però, così vicini, davano fastidio, portavano dolore, obbligando in tal modo i due poveretti ad allontanarsi e a patire nuovamente il gelo della solitudine.   

Come viene ad indicarci il filosofo tedesco, in questo precario equilibrio sospeso tra il calore di un abbraccio e il dolore della sua stretta, si ritrova un mondo, si trovano l’essere umano ed il soffio che intimamente lo abita, l’energia che lo scalda. La storia di Enrico raccolta in queste pagine diventa allora – in un excursus tra filosofia e linguistica, arte e psicanalisi - uno dei numerosi e svariatissimi esercizi d’equilibrismo che quotidianamente cercano d’inventarsi, d’immaginarsi, rispetto al come cavarsela con una condizione tanto delicata quanto essenziale. Condizione che proprio a fronte di questa sua fragilità e delle dolorose conseguenze che porta, sembra essere in qualche maniera sempre più temuta, se non scientemente evitata. Per sua grande fortuna però Enrico, potrà contare su un bravo e bislacco maestro, Jaques lo stregone, che a proposito dell’amore, ne sapeva qualcosina in più.